Il mesto compleanno di Mani Pulite

I 25 anni di Mani Pulite sono stati celebrati mestamente. All’Aula magna del tribunale di Milano, il dottor Di Pietro è stato accolto da pochi intimi. I dottori Davigo e Colombo sono stati invece costretti a riconoscere che la corruzione in questi anni è persino aumentata, il che non è un bel constatare per chi l’ha combattuta con tanto zelo. Il dottor Davigo voleva “rivoltare l’Italia come un calzino”, ma sempre lo stesso calzino si è ritrovato in mano. Ovviamente i protagonisti di quella stagione possono stare lì a commiserarsi dovendo vivere in un Paese inadeguato al valore della virtù e incapace di rimuovere le sue usanze più disdicevoli. Altrimenti, potrebbero cercare di capire qualcosa di più della società in cui vivono, riconoscendo di aver commesso anche loro qualche errore. Il dottor Di Pietro lamentava una corruzione tanto radicata da trovarsi di fronte giovani imprenditori che ammettevano di finanziare clandestinamente i partiti senza nemmeno sapere il perché. Un giovane gli disse che così faceva il suo babbo. L’unico paese in cui si è corrotti naturalmente? No, semplicemente i partiti dell’antifascismo erano finanziati clandestinamente e certe loro tendenze sono rimaste anche caduto il regime. Non era uno scandalo che il partito socialista o quello comunista avessero conti esteri, perché facevano parte di organizzazioni internazionali che erano perseguitate in molti dei loro Paesi. Quei conti sono rimasti aperti, perché come diceva Nenni, si può sempre sentire un tintinnio di sciabole. Il Pri, ad esempio, non disponeva di conti esteri perché costituito saldamente sul territorio nazionale e senza riferimenti organizzativi fuori dal Paese, ma anche questo partito aveva finanziamenti irregolari, non perché corrompeva qualcuno, ma perché supportato da una tradizione politica e familiare in modo volontario e riservato. Sarebbe stato importante che il pool di Mani pulite fosse in grado di comprendere le differenze profonde fra una amministrazione corrotta ed una irregolarità finanziaria. Anche il sacro furore della “Giustizia”, richiede prudenza e cautela. I partiti in quanto organismi democratici costretti a rispondere all’opinione pubblica erano comunque tenuti ad un minimo di pulizia al loro interno e molte malversazioni sono avvenute a loro danno. Ma poiché era più facile attaccare il sistema dei partiti in quanto tale piuttosto che perseguire ogni singolo reato, questo à stato fatto, anche a mezzo stampa, con il risultato di indebolire il controllo sui corrotti che si sono espansi ulteriormente. La colpa era dei partiti, mica degli individui che ne facevano parte. Capiamo che sia doloroso da ammettere i magistrati, ma invece i partiti intervenivano spesso prima e meglio dei giudici, limitandosi a non ricandidare quel loro esponente semplicemente discusso e cercandone uno più responsabile. A volte ci riuscivano, a volte no, a volte, certo chiudevano gli occhi. I magistrati si sono accorti solo di quando chiudevano gli occhi.

Roma, 17 febbraio 2017